CASTELLO DI ROVASENDA

La storia del territorio di Rovasenda è di antiche origini, infatti vi sono tracce che la fanno risalire all’epoca del tardo impero romano, quando vi fu l’insediamento dei primi agricoltori di etnia romana. Ulteriori cenni storici della zona, all’epoca composta dalla selvaggia e primitiva Baraggia, sono individuabili nelle citazioni presenti nel privilegio dell’imperatore Carlo del 882 e ancora nel diploma di Ottone III del 999 come Scilvam Rovaxendam. Dopo le invasioni barbariche, col dominio stabile dei Longobardi, nacque il paese di Rovasenda, dapprima come piccolo villaggio presso il torrentello Marchiazza, sulla strada per Gattinara, poi, a distanza di qualche chilometro, nell’attuale posizione, allorché fu costruito il castello.

Nei secoli successivi il complesso edilizio subì veri e propri interventi atti a trasformarne l’uso da prettamente militaresco – difensivo in abitazione signorile dei nobili e dei loro familiari, oltre alla costruzione di nuovi edifici (e la trasformazione di parte degli esistenti) ad uso agricolo, in quanto i conti di Rovasenda traevano le loro ricchezze e sussistenza dalla coltivazione dei campi e dall’allevamento del bestiame. Le costruzioni (in particolar modo le case coloniali) che componevano parte del “ricetto” furono, nel periodo rinascimentale in tempo di pace, trasformate in abitazioni di pregio per ospitare la famiglia signorile che aumentava il numero dei suoi componenti. Tale gruppo di case coloniche, con le relative aie e dipendenze, costituì un airale, dipendenza del castello, ma dal castello perfettamente distinto. In un documento del ‘700  troviamo la citazione della parte del castello denominata “Casone” nel seguente modo: “….. un airale detto del Casone consistente in quattro case da fuoco con scuderia e magazzino ed un orto di tavole trenta.” Il “Casone” comunicava (e lo fa ancora oggi) con la parte centrale del castello attraverso una “postierla”, o porticina, che metteva in collegamento la “via consortile”, conducente sulla piazza del paese, col “ricetto” o piazzale della chiesa. Di fronte al “Casone” si elevava una larga costruzione, a pianta rettangolare, adibita a “travata” e a deposito di carri e attrezzi agricoli. All’inizio e alla fine di questi due passaggi in discesa, le “ramblà” immettevano nella parte sottostante degli “airali”, sulla quale si aprivano le stalle, i fienili, le stie, per galline e polli, e tutti i ricoveri per altri animali domestici, oche, anitre, tacchini, faraone, conigli e suini. Attiguo ai fienili, nell’angolo del portone che dava sulla strada per Cascine San Giacomo, ora San Giacomo Vercellese, era in funzione il mulino, poi diventato negli anni 20 riseria.

Negli anni seguenti il dopoguerra, a seguito di vicende di varia natura, la proprietà dei Di Rovasenda ha provveduto alla cessione di una buona parte dei fabbricati e delle aree cortilizie pertinenziali costituenti gli “airali”, che sono stati trasformati (attraverso demolizioni parziali o totali) in edifici ad uso residenziale di proprietà di privati.

Sorte diversa è invece toccata al caseggiato denominato il “Casone” di proprietà dei discendenti nobili Di Rovasenda. Infatti, pur mantenendo invariate le sue peculiari caratteristiche originarie, in periodi diversi ha visto mutare la propria destinazione d’uso passando da quella abitativa a quella di magazzino per lo stoccaggio di cerali, in deposito attrezzi e nuovamente all’uso abitativo. Attualmente il “Casone” risulta essere composto da un’autorimessa e da un piccolo cortile interno al piano terra; da due unità immobiliari ad uso abitativo  al piano primo; da locali sgombri nei restanti piani secondo e terzo.

 

L’intervento che la proprietà ha eseguito sono consistiti principalmente nell’adeguare e ripristinare all’uso abitativo, secondo più moderni criteri di comfort, i due locali posti al piano secondo, lato nord - ovest della porzione del complesso denominato “Casone” (parte rurale a servizio dell’adiacente Castello), affacciata all’area, ora di proprietà Comunale, che formava il sito dell’antico “Airale”. Originariamente i due vani, destinati fin dalla loro originaria costruzione a scopi abitativi, erano utilizzati come sgombero (principalmente come lavanderia – stenditoio e deposito temporaneo di oggetti) a disposizione della sottostante unità abitativa.